Quando la via naturale non funziona o non è praticabile ci si rivolge
alla medicina per procreare.
Quindi si passa dalla camera da letto al laboratorio.
In laboratorio, in base al problema medico che compromette la
fertilità, si possono utilizzare diverse tecniche, che attraverso la
manipolazione di ovuli e spermatozoi oppure di embrioni.
Queste procedure, non compiono miracoli. Ottengono buoni risultati
nelle donne con meno di 35 anni (nascono bambini vivi e sani in
circa il 30% delle procedure), e funzionano in circa un caso su dieci
nelle donne di età compresa tra i 41 e i 42 anni.
Nelle over 42 si raccomanda l’utilizzo di un’altra donna quale
donatrice.
Rispetto alle gravidanze normali, queste procedure comportano una
percentuale lievemente più alta di gravidanze gemellari.
La tecnica di PMA (procreazione medicalmente assistita) più
antica, è anche la più semplice e la più ovvia: consiste nella
introduzione di spermatozoi (scelti in laboratorio tra quelli più attivi)
direttamente nell’utero della donna, in corrispondenza del periodo
ovulatorio. Solitamente bisogna fare più tentativi, ed è fra tutte
quella meno indaginosa, meno costosa, meno invasiva. Prende il
nome di INSEMINAZIONE INTRAUTERINA.
Una tecnica che dà risultati più significativi, che viene usata a
prescindere dalla causa di inferitilità, e più utilizzata è la FIVET
(Fecondazione in Vitro).
Consiste in un procedimento che richiede un impegno costante
di alcuni giorni, con assunzione di terapia e passaggi anche plurimi
dalla struttura sanitaria. Infatti la donna dovrà sottoporsi a delle
punture di ormoni (gonadotropine umane) per stimolare la
produzione di ovuli. Con ecografia si monitorizza tale produzione e
quando gli ovuli sono ritenuti maturi, vengono prelevati con un ago
introdotto attraverso la vagina e sotto guida ecografica. In
alternativa il prelievo può avvenire in laparoscopia, cioè con una
piccola incisione all’altezza dell’ombelico. Gli ovuli in tal modo
prelevati, vengono portati in apposito laboratorio, dove appoggiati
su una piastra di coltura, vengono fecondati con gli spermatozoi.
Come nel caso della inseminazione intrauterina vengono scelti gli
spermatozoi più vitali (in termine medico si dice con l’indice di
attività più alto). La fecondazione può avvenire per via
convenzionale, quindi lasciando che gli spermatozoi fecondino
naturalmente l’ovulo. Oppure attraverso la iniezione
intracitoplasmatica, cioè iniettando con un ago lo spermatozoo
dentro l’ovulo. In pratica un singolo spermatozoo viene iniettato
in ogni ovocita. Quindi si aspetta un periodo compreso tra 2 e 5
giorni, periodo necessario per lo sviluppo di un embrione.
Fino a tre embrioni vengono quindi impiantati nell’utero della donna
attraverso opportuna tecnica. Eventuali embrioni in eccedenza (piu’
di tre, vengono congelati con azoto liquido e conservati per un
futuro utilizzo.
Questa tecnica in donne di età inferiore ai 35 anni, da risultati
positivi in circa la metà dei casi. In donne tra i 41 e i 42 anni,
funziona in circa un caso su dieci. Ovviamente l’impianto fino a tre
embrioni, che consente una maggior possibilità di riuscita di
gravidanza, può portare a gravidanze multiple, e conseguenti rischi
sia materni che dei feti.
Altra tecnica, usata quando la FIVET non funziona è la cosidetta
GIFT (Gametes Intra Fallopian Transfer). Consiste nella
introduzione di ovuli e spermatozoi direttamente nelle tube di
Falloppio, attraverso due tecniche: transvaginale e laparoscopica.
In tal modo possono essere introdotti anche i zigoti (cioè l’ovulo
fecondato) oppure l’embrione. Nel primo caso si parla di tecnica
ZIFT e nel secondo caso di tecnica TET.
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